Referendum Stop Austerità. Per un’Europa del lavoro e di un nuovo sviluppo

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Referendum Stop Austerità. Per un’Europa del lavoro e di un nuovo sviluppo
A partire da domenica 7 settembre il Circolo Prc “Che Guevara” è in Piazza Municipio a Marigliano per raccogliere le firme in sostegno dei 4 quesiti referendari Stop Austerità che si pongono l’obiettivo di porre fine alla politica economica dell’austerità imposta dall’Unione Europea. I cittadini interessati potranno firmare anche presso la Camera del lavoro Cgil di Marigliano per i referendum che hanno per oggetto la modifica della legge 243 del 2012, varata durante l’esperimento neoliberista di larghe intese del governo Monti, la quale ha recepito in maniera stringente, e addirittura con vincoli aggiuntivi, le direttive europee del “fiscal compact” riguardanti l’equilibrio dei bilanci. Nel modificare una legge nazionale dunque i 4 quesiti referendari apriranno la strada per una rimodulazione dell’impianto politico ed economico europeo in nome di un’Europa del lavoro e di un nuovo sviluppo.
Ecco gli obiettivi specifici dei 4 quesiti:
1) Abrogazione delle norme che consentono di stabilire obiettivi di bilancio più gravosi di quelli definiti in sede europea;
2) Abrogazione della norma che limita ai soli casi straordinari il ricorso all’indebitamento pubblico per operazioni finanziarie;
3) Abrogazione della norma che impone manovre correttive di bilancio quando ricorrono alcune condizioni previste da trattati internazionali;
4) Abrogazione della norma che indica rigidamente e tassativamente il principio costituzionale di equilibrio dei bilanci pubblici con un obiettivo di bilancio stabilito in sede europea.
Tra i membri del Comitato Promotore dei referendum vanno ricordati il dirigente Cgil Danilo Barbi, l’economista Riccardo Realfonso, il costituzionalista Giulio Salerno, l’ex ministro del lavoro Cesare Salvi. Tra i parlamentari sostenitori: Corradino Mineo, Walter Tocci, Stefano Fassina, Gianni Cuperlo e Paolo Beni (del Pd), Peppe De Cristofaro, Dario Stefano, Giorgio Airaudo, Nicola Fratoianni (di Sel), Gennaro Migliore (di Led). Tra le organizzazioni sostenitrici: Rifondazione Comunista, Sel e l’Arci.
Perché bisogna contrastare la politica di austerità e il fiscal compact
Firmare per i referendum, andando al di là della complessa terminologia tecnica, significherà firmare contro la politica di austerità che ha costretto gli Stati europei (soprattutto quelli con un’economia più debole, i cosiddetti Pigs: Portogallo, Italia o Irlanda, Grecia e Spagna) a fare tagli indiscriminati dello stato sociale, a fare tagli degli investimenti per il futuro delle imprese e dei giovani, e ad aumentare in modo insostenibile la pressione fiscale soprattuto per i redditi medio-bassi. Di conseguenza in Italia la disoccupazione è aumentata, un giovane su due è senza lavoro, il valore della ricchezza nazionale si è ridotto, molte imprese sono state costrette a chiudere.
I referendum Stop Austerità cercano di alleviare gli effetti di un accordo europeo che Monti ha sottoscritto senza batter ciglio con il contributo di un Parlamento italiano anestetizzato: il “fiscal compact”, letteralmente “patto finanziario”, praticamente “patto di bilancio europeo”, oppure formalmente “Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance dell’unione economica e monetaria”. Approvato nel 2012 in seguito ad una forte pressione politica della Germania che voleva imprimere in questo modo delle scelte di austerità ai paesi Pigs, il fiscal compact impone l’obbligo di mantenere il deficit pubblico sempre al di sotto del 3% del Pil, e impone inoltre che tutti i paesi dell’eurozona in cui il rapporo debito pubblico/Pil superi il 60%, debbano rientrare entro tale soglia nel giro di venti anni. Ciò vuol dire che in Italia, dove il debito pubblico è intorno al 120%, si dovrà rientrare del 3% l’anno. Fatti i conti si tratta di tagliare circa 900 miliardi di euro in vent’anni: all’incirca 45 miliardi l’anno di tagli della spesa pubblica. Dopo i tagli di Berlusconi e Monti, a causa del fiscal compact dovremo subire ogni anno, per i prossimi vent’anni dunque, una manovra di tagli di almeno 45 miliardi di euro. Una mazzata impressionante all’economia italiana che sta provocando l’effetto di una guerra con gli italiani sempre più poveri, e l’Italia che si sta trasformando in un protettorato tedesco e in futuro magari in una colonia della Germania! Lo Stato tedesco infatti attraverso tali provvedimenti si è garantito una posizione di superiorità egemonica in grado di controllare le tendenze economiche e politiche europee, e in collaborazione con i capitalisti e gli speculatori di tutta l’Unione Europea, i quali costringono gli Stati a fare tagli e quindi a provocare la recessione, sta raggiungendo il vero obiettivo, che è poi il sogno del capitalismo di tutti i tempi: demolire il welfare, abbassare i salari, svuotare la democrazia.
Le politiche di austerità allora, riducendo la massa di denaro spesa dallo Stato e dai cittadini, producono recessione e aggravano la crisi anziché ridurla. L’austerità è una politica di destra che aggrava la crisi e le ingiustizie sociali. L’austerità è l’effetto di un’impostazione mentale e politica che antepone l’ordine contabile e l’interesse dei creditori alla dignità delle persone: un cristiano direbbe che essa tradisce Dio per servire Mammona.
Circolo Prc Marigliano

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